di Giorgio Cesarano e Gianni Collu
Quello che segue è la trascrizione in “poesia” della tesi n. 58 di Apocalisse e rivoluzione, di Giorgio Cesarano e Gianni Collu. Il titolo è nostro.
LA LINGUA DI FERRO TRAFIGGE LA VITA
Non c’è un solo punto del “paesaggio” sul quale il nostro sguardo possa posarsi senza imbattersi in un simbolo reificato.
Gettati via alla fine della preistoria, ci muoviamo nello spessore di tutti i codici stratificati.
Fuori come dentro di noi, la natura naturale è sprofondata da tempo, rimpiazzata dalla giungla dei significati.
E’ ora di capire che le “cose” cui guardano i linguisti, con falsi occhi ingenui di robinson rimbambiti, non sono che quelle programmate e modellate dalla lingua, non sono che lingua realizzata.
E’ ora che il “referente” si mascheri per l’oggettivo parlante che è: “Verbo” impersonale del dover essere reificato.
E’ ora che il “pensiero lineare” e la sua falsa prospettiva, l’apocrifa infinità delle catene causali, ci dia il suo indirizzo.
E’ ora che si costituisca alla polizia scientifica anche questo ultimo bastione della sacralità del Verbo, già dissacrata da qualsiasi bambino che impari d’acchito a riconoscere in un motivetto tanto la ragione sociale della ditta produttrice quanto la sostanza della merce a cui rimanda.
Stiamo imparando tutti che la “realtà” è la lingua di ferro in cui si esprime il potere del senso morto, contro la vita quale senso, come stiamo imparando tutti che la lingua è il calcestruzzo in cui muore il nostro bisogno di esprimerci vivi, ancorandolo a quel ferro, impastandoci a quella morte.
La spirale va dal “reale” a noi e vi ritorna portandoci, uncinata dal suo senso, con sè.
Solo specchiandoci in noi l’organizzazione spettrale delle apparenze può apparirci, per attimi concatenati dai ritmi di produzione, come una realtà verosimile.
Solo specchiandoci in essa possiamo crederci vivi nel ruolo allucinato di prestatori di senso, per gli attimi concatenati dal ritmo della sopravvivenza in cui il nostro essere trapassa in valore.
Ma quanto più la spirale si allarga, tanto più la molla si fa debole.
A forza di mentire su tutto, il tutto fatto menzogna sta perdendo ogni forza.