di Oreste Scalzone
Abbiamo semplificato il saluto di Oreste Scalzone a Franca Salerno, morta il 3 febbraio del 2011, per renderlo accessibile anche agli stranieri del forbito, articolato e complesso linguaggio del compagno. Lo presentiamo in forma di poesia ritenendola più appropriata per la riproduzione e la traduzione in scrittura. Si spera di non incorrere nelle ire di Oreste.
“A Franca Salerno”
“Liberi e diversi come uccelli, e fraterni come stormo”, diversi nascevamo, come lèssico, come “dialetti” rispettivi, costitutivi e al contempo sotto-insiemi di una lingua che però aveva un’“anima” nel profondo comune. Eguale, sotto, era l’istanza della ribellione. Rivolta è denominator comune Uguali, nella comunanza in quell’altro ‘specifico’ assoluto di questa «razza animale» irreparabilmente sui generis: la rivolta. Cercavamo, da diversi e uguali, lo sprigionarsi della potenza, della «disperata vitalità» delle genti sottoposte a gerarchia, a utilizzazione strumentale, comando e qualsivoglia altra forma di mutilazione, d’interdizione e confisca di ogni capacità di comunanza auto-determinata, d’autonomia singolare e comune contro ciò che dissimuli e occulti l’economia di tempo-di-vita, di «nostra vita mortale». E con Franca, e Maria Pia, e Anna Maria, e Antonio, e Luca. E Giovanni, Mimmo, Nicola, Pietro, Fiorentino, Alfredo e chi altro ancora è nel ricordo. Era distinzione successiva, secondaria la nostra differenza, alla fraternità nella necessità/scelta primale della rivolta sovversiva di liberazione. Ho conosciuto Franca all’Akrobax nel filmato ipnotizzato dall’intensità del suo volto e delle sue parole. Frammento che deve divenire per lei e Antonio figlio non sopravvissuto a morte di madre, caduto sotto i colpi della catena di montaggio dell’estrazione del plusvalore sociale, pur fatta risultare invisibile come la nebbia quando ci avvolge. Non l’avevano piegata, Franca, gli anni del feroce totale isolamento in «braccî morti». Ed ho imparato in galera la modestia e la grandezza dei “nappisti” perché una cosa ho visto: che quando avevano paura “dei Nap”, i guardiani e all’occorrenza massacratori di altri “animali di razza umana” rasentavano i muri, e le “squadrette” erano come sospese e migliaia di murati là dentro respiravano. Respiravamo, un po’ meglio Questo ho visto. Oreste Scalzone 04 febbraio 2011.